Breathwork

Breathwork

2019-09-25 Off Di Silvia Biribin

Breathwork tradotto letteralmente significa lavoro con il respiro. Questa tecnica fonde alcuni principi di antiche conoscenze orientali riguardanti la respirazione con le più recenti scoperte scientifiche occidentali. II respiro è alla base della vita; veniamo alla vita con il primo respiro e lasciamo questa terra esalando l’ultimo respiro. Possiamo evitare di mangiare e bere per qualche giorno, ma non possiamo rimanere in vita neppure pochi minuti se smettiamo di respirare.

Il respiro è quindi collegato alla nostra forza vitale e nutre non solo il nostro corpo, ma anche la mente e lo spirito. Esiste infatti un legame naturale tra respiro ed emozioni che tutti noi abbiamo sicuramente sperimentato personalmente.

II Breathwork utilizzando una tecnica di respiro “connesso, circolare e consapevole”, si propone di rieducare la propria respirazione (che di solito è ridotta, scarsa o superficiale) e di riportarla ad uno stato più naturale di fluidità e pienezza. Questo tipo di respirazione profonda e rilassata, priva di forzature, permette al corpo di adattarsi gradualmente alla maggior quantità di ossigeno presente nel sangue. II Breathwork rappresenta quindi un metodo per sfruttare al meglio il proprio potenziale respiratorio, per riequilibrare le energie più profonde, attraverso anche un approccio di crescita personale. Con questa tecnica, infatti, si sviluppa un’attitudine all’ascolto di sé sia attraverso il rilassamento fisico, sia attraverso la creazione di condizioni fisiche particolari che aiutano a far emergere i propri bisogni e le proprie aspirazioni più autentiche.

Questo tipo di respirazione orienta l’individuo “verso la completezza” e si basa sul presupposto che nello stato ordinario di coscienza, cioè nella vita di tutti i giorni, ci identifichiamo solo con una piccola parte di chi siamo veramente.

Molte grandi religioni del mondo e popoli dell’antichità hanno utilizzato tecniche respiratorie in grado di indurre stati di non ordinaria coscienza, tra cui gli sciamani, gli indiani e gli Orientali in genere, i Sufi, gli Esseni. I medici moderni utilizzano il respiro per aiutare le donne a gestire il dolore durante il parto.

La sensazione di dolore è riconducibile ad una componente neurofisiologica e ad una componente psicologica (vale a dire il sentimento associato al dolore). Le tecniche di respiro possono aiutare principalmente a modificare questa componente psicologica del dolore e quindi a gestirlo meglio. Ecco perché le sedute di respiro possono aiutare anche tutte quelle persone che soffrono di dolori cronici o con andamento progressivo.

Attraverso il lavoro con il respiro si può inoltre prendere contatto con blocchi emotivi, bioenergetici dovuti ad esperienze cruciali come quello della nascita; è come, si mettesse in moto una sorta di “radar interno” che porta alla luce i contenuti emotivi che sono più rilevanti in un dato momento e quindi disponibili ad essere elaborati. Ne consegue che in questa tecnica viene data grande libertà di espressione, confidando in quella parte di noi che in qualche modo sa quali contenuti emotivi e mentali sono importanti per noi nel qui e ora; essa attiva perciò, utilizzando le parole di Stanislav Grof, “ Il potenziale di guarigione spontaneo mette in moto un processo di trasformazione guidato da una profonda intelligenza interiore”.

II compito dell’operatore è quello di offrire, attraverso anche l’utilizzo di musiche evocative, degli strumenti per accedere ad uno stato in cui è più facile prendere contatto con il proprio Sé. Sarà sempre compito dell’operatore quello di creare un ambiente sicuro e sostenere con fiducia il processo spontaneo che si svolge in sua presenza. Non è necessario che l’operatore comprenda cosa sta accadendo; l’importante è che sostenga sempre in maniera incondizionata il cliente durante il processo. Questo perché, come Grof fa giustamente notare, “I processi di auto guarigione hanno luogo con modalità che trascendono la comprensione intellettuale. L’operatore in questo caso è un assistente, un accompagnatore, un “tifoso” sensibile e solidale”.